sabato 7 marzo 2009

84 Charing Cross Road, di David Jones


A tutti coloro che mi vogliono bene: “è bello pensare che qualcuno che vive tanto lontano possa essere così generoso con persone che non ha neanche mai visto”.

Ecco per loro, e per i signori Shuuji Sasaki ed Eiki Nagasaki- che non leggeranno mai queste righe, ma che assolvono alle mie richieste delle più prezioni edizioni giapponesi dei miei dischi preferiti - il mio pensiero.

La signora, anziana, è assopita sulla poltroncina dell’aereo, nella penombra. La tendina del finestrino viene aperta, e uno squarcio di sole la desta. Subito si apre in un sorriso che pare raccogliere la luce di quel raggio. Si sporge ad osservare le nuvole sottostanti, illuminate. È felice, quasi eccitata, ma di una eccitazione pacata, consapevole. Non va a Londra per turismo, e non per affari. No: “a unfinished business”, una questione in sospeso.

1949. Helene Hanff (Ann Bancroft) è una scrittrice americana, povera: ama la letteratura inglese, ma i testi che cerca non si trovano, o sono costosissimi. Frank Doel (Anthony Hopkins) dirige una libreria antiquaria a Londra, ed ha ciò che lei cerca, a prezzi straordinariamente contenuti.
Inizia così. Un rapporto commerciale. Ma che subito – come potrebbe essere altrimenti? – si trasforma in rispetto, stima, e quindi cordiale affetto; forse, anche amore.Un film che parla di libri, di un rapporto epistolare tra persone diversissime, ma legate da un comune amore: l’amore per la parola scritta, con la consapevolezza di come essa si faccia vita, sofferenza, gioia, passione, condivisione. Una storia che parla di gentilezza, di generosità, di solidarietà, di vicinanza profonda, e di cose belle.

“… quello di Stevenson è stupendo, mette in imbarazzo la mia povera libreria. Ignoravo che un libro potesse dare tanto piacere al tatto…”

Non riusciranno mai ad incontrarsi, Helene e Frank, e gli altri commessi della libreria, ma il legame che li unisce trascende ogni vicinanza e ogni contatto fisico, perché la condivisione delle parole è più profonda, e significativa, di qualunque altra vicinanza, nello spazio, e nel tempo. Le parole che li uniscono sono parole vere, sono quelle che li anima, che li fa essere e danno e sono il senso – il senso autentico, profondo, meditato, sentito, vissuto – della loro esistenza. Perché tutto il genere umano forma un unico libro, e quando qualcuno muore, il suo capitolo non viene strappato, ma tradotto in una lingua migliore, e una mano riunisce tutte le nostre pagine disperse in una biblioteca, dove i libri giacciono aperti, gli uni accanto agli altri.

Questo film non parla soltanto di una amicizia che travalica lo spazio e il tempo; e non parla soltanto di libri e di ciò che significano per l’esistenza di qualcuno; questo film non parla di un desiderio e di una attesa. Parla di parole, che poi è ciò di cui siamo fatti. Siamo fatti di parole; siamo fatti di niente.
E ciascuno di noi dovrebbe avere un appuntamento all’84 Charing Cross Road che lo attende per tutta una vita.






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