lunedì 16 marzo 2009

Ultimo bicchiere, di Fred Schepisi

Aveva ragione John Donne: nessun uomo è un’isola. Ogni uomo è un mondo; e quando incontra un’altra persona, nel loro dialogo è un altro mondo che nasce. È così.
Tante persone, una infinità di microcosmi. E ogni storia merita di essere raccontata, nessuna storia è troppo minimale e banale, nessuna storia non ha niente da insegnare.
Come quella di Jack Dodds, o meglio dei suoi amici: uno straordinario romanzo (Ultimo giro, di Graham Swift), un bellissimo film, con un cast strepitoso: Michael Caine, Bob Hoskins, Tom Courtenay, David Hemmings, Helen Mirren. Una storia di vite comuni di persone semplici, messe di fronte alla situazione più comune, la morte di uno di loro; e i dolori privati, le recriminazioni, le intolleranze, i rifiuti, sottaciuti per anni che vengono a galla, un po’ alla volta, nell’esaudire l’estrema ed un po’ bizzarra volontà del defunto. Un universo che un po’ alla volta si rivela, inaspettato e complesso, profondo e sorprendente. La vita. Una vita. tante vite.

Tante parole, comuni ma non banali, per raccontare ciò che siamo: alla fine solo un grumo di ricordi, nostri e un po’ altrui. Ricordi, che si fanno in parole; così che esistiamo sinché abbiamo voce, e sino a che anche la memoria di noi svanisce. Sino a che le parole infine si tacciono, per diventare cenere.

“… finché la cenere diventa vento e il vento diventa il niente di cui siamo fatti.”



2 commenti:

  1. prima visita!
    i film non li conosco! Un blog che mi serve a qualcosa. prendo appunti...

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